Parliamo di timidezza

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Parliamo di timidezza

“Bambina di quasi 3 anni, bella, solare, vivace allegra…

Ma appena si trova in un contesto diverso da quello solito o con persone con cui non ha una piena confidenza, ammutolisce e si “adombra”.

Questa estate non è voluta stare nel miniclub del villaggio e mi sembra che abbia difficoltà a fare nuove amicizie.

Inizialmente pensavamo che fosse una normale reazione iniziale “agli estranei ” ma notiamo che questo “disagio” va avanti da un po’.

Insomma, ha un carattere timido e ci chiediamo spesso se possiamo spronarla.”

A 3 anni la diffidenza verso il non conosciuto è normale.

In casa stiamo affermando un’autonomia sempre maggiore: è tutto “mio” “io” e nel contesto familiare ogni occasione è la possibilità di una nuova scoperta.

Fuori il contesto cambia: si affronta un mondo sconosciuto che ha tante cose da esplorare ma anche tante incognite e forse minacce!

Bisogna affrontarlo sempre più da soli, con mamma e papà che sono distanti…

Non è una cosa facile! Come si fa ad imparare?

La mandiamo a fare il “servizio militare” così si sveglia?

Cerchiamo di “spiegarle” che non va bene stare soli e “bisogna” fare amicizia?

La costringiamo in qualche modo ad arrangiarsi da sola e ci allontaniamo?

I bambini hanno due grandi “sistemi” di comportamento in equilibrio tra loro come su una bilancia: quello della esplorazione e quello dell’attaccamento.

Da un lato ci sono la curiosità, il bisogno di sapere cose nuove, la conquista di nuove competenze; dall’altro la necessità di trovare una difesa, un rifugio, una maniglia forte cui aggrapparsi per recuperare il senso di sicurezza che è il fondamento dell’esistenza anche di tutti noi.

Se la bilancia pende da un lato aumenta il bisogno dell’altro lato.

Mi allontano da mamma (e papà) per scoprire cose nuove ma oltre una certa distanza… l’ansia cresce e sento la necessità di tornare indietro, di chiamarla, di sentire che lei c’è.

Più la percezione che mamma (o papà) c’è, anche se non la vedo, è forte, più c’è la possibilità di allontanarsi e continuare ad esplorare.

La mamma e il papà sono la base sicura, il porto dove poter tornare sempre per recuperare le forze e la sicurezza!

Il sentire che ci sono, che sono affidabili e amorevoli, che hanno stima e fiducia nella loro bambina, la aiuta a costruire un cervello aperto alle nuove possibilità, capace di affrontare sfide e sopportare sconfitte per ripartire.

In altre parole costruisce l’autostima e la consapevolezza che sono il trampolino per saltare in alto!

Tutta questa chiacchiera per dire che a due anni e mezzo è normale avere momenti in cui l’ansia impedisce esplorazioni in terreni sconosciuti!

La “terapia” della timidezza non è mandarla a “fare il servizio militare così si sveglia!” quanto piuttosto farle sentire che mamma e papà ci sono, la stimano, credono in lei, si vogliono bene e sanno che ce la farà.

Quindi la sua vita è un posto sicuro e stabile!

Lei va bene così come è e mamma e papà sono davvero soddisfatti di lei!

Non serve spronare spiegare convincere discutere ecc…

Nel momento dello stress non farebbe altro che far sentire ancora più a disagio e inadeguati.

La timidezza, l’ammutolirsi, la voglia di stare in braccio, non sono scelte razionali ma solo l’effetto di alti livelli degli ormoni dello stress!

La volontà non può controllarli!

Siamo nel campo delle emozioni e con i bambini il ragionamento su questo terreno può poco!

Nel campo delle emozioni funzionano… le emozioni!

Per questo un sorriso fa più di un discorso!

dott. Tommaso Montini, pediatra

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